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Offendere Napoli, quando le marchette sono cancerogene

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Posso capire che il povero Massimo Giletti debba inventarsi qualche marchetta per tirare un po’ di ascolti e tentare (invano) di dare un’identità alla sua trasmissione. Mi rendo anche conto che mamma Rai non gli passi il budget che può permettersi Barbara D’Urso per far piangere in diretta la cugina del nipote del cognato di qualche morto ammazzato. E infine, avendo vissuto a Napoli per dieci anni, devo confermare che alcuni napoletani – ma soprattutto i relativi amministratori – non siano il massimo in termini di senso civico, e ancora meno nel ribattere alle critiche con argomentazioni che non siano offese volgari e attacchi fuoriluogo.

Ma sta cosa di offendere Napoli e disprezzare il Meridione per farsi un po’ di pubblicità in TV è proprio vecchia, ed è un’abitudine che va tolta di mezzo immediatamente perchè può diventare la base su cui costruire delle vere e proprie aggressioni mediatiche con fini commerciali e conseguenze gravissime per chi le subisce, per chi le strumentalizza e per chi ci crede.

C’è infatti chi ne approfitta per fare la cosidetta contromarchetta, e da paladino della libertà di espressione Luigi de Magistris decide di lanciare la sua campagna elettorale con una bella querela a quel poveraccio che ha già fatto la sua figura di merda in diretta sul primo canale della tv nazionale.

Ma la cosa davvero grave che potrebbe capitare, ad esempio, è che qualche gruppo industriale abbia interesse a far passare il messaggio che i prodotti campani siano pericolosi – come se in questo modo la loro roba diventasse automaticamente più buona – e decida di cavalcare la tendenza invitando qualche giornalista a farci una bella inchiesta tendenziosa e allarmistica.

E qui nasce il vero problema: perchè se la mozzarella e le verdure sono inquinate, la pizza bruciacchiata è cancerogena, il caffè napoletano è pericoloso, la frittura è micidiale e la salsiccia non ne parliamo proprio, chi glielo dice a nonna che io da oggi dovrei mangiare solo polenta?

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