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Non tutti i buchi riescono con le ciambelle intorno: come evitare di trovare un lavoro

Content Starts Non tutti i buchi riescono con le ciambelle intorno: come evitare di trovare un lavoro

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La verità è che la maggior parte dei giovani disoccupati nel mondo del digitale e della comunicazione non merita di avere un lavoro. Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato un annuncio per assumere 3 Social Media e Community Manager a DeRev: incarico full-time negli uffici più fighi di Milano, contratto a tempo determinato di 12 mesi e stipendio da 1500 a 1800 euro netti.

L’annuncio contiene 4 requisiti e 1 richiesta per candidarsi:

  1. Conoscenza approfondita dei social media, delle funzionalità e degli strumenti per la gestione, l’analisi e la reportistica;
  2. Eccellente competenza nell’elaborazione di piani editoriali, contenuti e testi in italiano (preferibilmente anche in inglese);
  3. Cura estrema delle scadenze, dei dettagli e della qualità (siamo grammar Nazi!), con un lessico adeguato ai diversi canali;
  4. Livello Junior, ovvero con almeno 2 anni di esperienza pregressa in altre aziende.

Per inviare la propria candidatura – oltre a curriculum, cover letter ed eventuali link ai propri progetti – chiediamo di scrivere 5 righe in cui raccontare la propria storia e il motivo per cui vorrebbero lavorare con noi (e per me queste 5 righe sono più importanti di tutto il resto). In 4 giorni ci sono arrivate quasi 500 candidature, così nel weekend ho provato a mettermi nei panni dei nostri pazientissimi recruiter, a cui va tutta la mia solidarietà.

Cose che voi umani non potete neanche immaginare: l’85% non sa scrivere correttamente in italiano, il 30% non ha nemmeno letto l’annuncio, il 60% ha copiato e incollato un’accozzaglia di pezzi e frasi sparse senza coerenza, impaginazione o cura del dettaglio. Il 70% si è candidato per un ruolo diverso da quello richiesto, specificando che ha competenze generiche e quindi può adattarsi a fare tutto: receptionist, cassiere, bagnino, pittore, telecronista, vendita al dettaglio, esperto di piante e fiori. Ce ne fosse uno che sappia fare il Social Media Manager.

Il 95% – novantacinquepercento! – non ha scritto le 5 righe richieste dall’annuncio, allegando al massimo una cover letter generica (“Gentile Responsabile dell’Azienda“). Ma il meglio è in quel 5% che invece le ha scritte:

  • “Sui documenti Salvatore, ma voi potete chiamarmi Saviour”
  • “Ciao boys, sono un digitalcoso con un morbido cuore terrone”
  • “Mi occupo di dietetica e farmacologia nella medicina arabo-musulmana”
  • “Provengo da una fattoria creativa con modus operanti da un’idea fissa a un’idea vinta”
  • “Se dovessi darvi un motivo, le direi che non ho particolari talenti”
  • “Mi candido perchè penso che il mio profilo possa essere interessante e viceversa”
  • “Dotato di fantasia, esperto e desideroso, conoscenza fluente”
  • “Sono disponibile a trasferirmi ovunque a Milano”
  • “Mi piacciono le vostre storie interessanti e posso preparare focacce per i miei colleghi”
  • “Ho 38 anni e nonostante la mia giovane età questa cosa mi intriga”
  • “So usare il programma Word (da 6 anni) e la posta elettronica con collegamenti ipertestuali”
  • “Mi piace molto rapportarmi personalmente, sono riservata e il mio talento è la bella presenza”
  • “Non ho mai avuto un percorso tipo laurea-lavoro-matrimonio-figli-nonna-cimitero-concime per orchidee”
  • “Mi candido ma faccio una premessa: non uso i social media per principio”

Insomma, avete capito. Forse ne invitiamo un paio per il colloquio, ma direi che le candidature sono ancora aperte. Se non siete degli idioti, mettete il culo sulla sedia, imparate a fare il vostro lavoro con passione e dedizione, presentatevi con buonsenso e competenza, e il lavoro lo trovate in due settimane: www.derevworld.com/jobs.

Altrimenti restate a casa con mammina a lamentarvi dei governi che passano e del perché – inspiegabilmente – le aziende non fanno a gara per convincervi a lavorare insieme. Anzi, andate a fare i pizzaioli in Brasile o i lavapiatti a Londra: potreste addirittura finire in un articolo de Il Fatto Quotidiano sulla fuga dei cervelli e su quanto eravate sottovalutati in Italia, con tutti i piatti che c’abbiamo da lavare.

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